Matrimonio in cerca di definizione
Il termine matrimonio deriva dal latino “matrimonium”, ossia dall’unione di due parole latine “mater”, madre, genitrice e “munus”, compito, dovere. Il matrimonium era, nel diritto romano, un “compito della madre”, intendendolo come un legame che rendeva legittimi i figli nati dall’unione. Analogamente la parola patrimonium indicava il “compito del padre” di provvedere al sostentamento della famiglia.
Con la nascita del diritto romano il matrimonio diventa un’istituzione riferendosi all’unione nunziale; in tal modo si ottiene un riconoscimento e si dà cosi forma al complesso delle situazioni socio—patrimoniali legate al matrimonium.
Nel corso del tempo, molti antropologi hanno cercato di dare una definizione universale di matrimonio, cercando di cogliere quella base comune a tutte le culture che compiono questa “unione nunziale”. Ma ancora oggi non siamo riusciti a darne una definizione universale.
Capiamone il perché.
Cosa si intende per matrimonio?
La definizione di matrimonio è strettamente connessa alla cultura di appartenenza, che può variare anche in base al periodo storico. Tante sono le società nel mondo quanto tanti sono i modi di intendere questa usanza. Appunto per la sua varietà è stato difficile attuare una definizione di questa istituzione che ritroviamo in ogni dove.
Gli antropologi, data questa premessa, sono partiti da tutte quelle considerazioni che fanno parte della logica occidentale, quindi di conseguenza troppo rigide. Così facendo, si sono accorti che tralasciavano al di fuori delle loro definizioni le culture di diversa tradizione. Attraverso ad un’ottica critica dei propri lavori si è arrivata ad una definizione positiva. Per arrivare ad essa ripercorriamo gli errori che si potrebbero commettere, come:
- prendere in considerazione solo il binomio UOMO-DONNA;
- associare questa istituzione solo all’unione di 2 coniugi e non di più;
- il fattore che l’unione matrimoniale deve essere svolta solo tra persone al di fuori della cerchia parentale;
Nei casi che seguono, chiariremo perché questi punti non sono da prendere in considerazione per una definizione di matrimonio che si possa applicare ai diversi contesti, rappresentando le modalità alternative che una data società stabilisce al riguardo, per cercare di fornire una giusta delucidazione.
I matrimoni non sono tutti uguali
Può valere una definizione universale di matrimonio considerando il binomio uomo-donna?
Si pensa spesso che un matrimonio tipico coinvolge un uomo e una donna. Ma questo è vero solo su una logica del tutto occidentale, infatti questo binomio non è valido in assoluto in tutte le religioni, o società.
Non in tutte le società ritroviamo il binomio uomo-donna come attori di un matrimonio.
Ad esempio in una confederazione di tribù stanziate nel Sudan meridionale e nella zona occidentale dell’Etiopia, vi è il gruppo dei Nuer, dove l’antropologo Evans-Prichard, osservò che una donna poteva sposarne un ‘altra e divenire il “padre” dei figli di lei. Questa pratica è usata anche in altre regioni dell’Africa e propone una distinzione tra pater e genitor. La donna-marito, in questo caso il pater, deve possedere del bestiame di sua proprietà da utilizzare in pagamento della ricchezza della sposa dovuta al lignaggio della moglie; una volta che la ricchezza della sposa è stata pagata il matrimonio viene riconosciuto.
Altro compito della donna-marito è quello di trovare un parente, un amico o un vicino maschio, in questo caso il genitor, per fecondare la moglie e per avere un aiuto nello svolgimento di quei compiti domestici, che secondo i Nuer, possono essere realizzati solo da uomini.
Evans-Prichard notò che la donna-marito generalmente è una donna sterile. Non potendo avere dei figli propri, la donna viene vista dalla comunità come un uomo a tutti gli effetti, e se è abbastanza ricca può addirittura avere più mogli. Oltretutto la donna-marito può richiedere in risarcimento dei danni se le mogli hanno rapporti sessuali con altre persone senza il suo consenso.
Sempre grazie alle ricerche di Evans-Prichard, ancora più comune tra i Nuer è il “matrimonio col fantasma”.
I Nuer credono che un uomo morto senza eredi maschi lasci dietro di sé uno spirito infelice e adirato che potrebbe recare danno ai suoi parenti viventi.
In questa comunità è infatti un obbligo fondamentale dei legami di parentela che un uomo venga ricordato attraverso i suoi figli. Per placare questo spirito adirato un parente dell’uomo morto sposa una donna “a suo nome”, paga la ricchezza della sposa a nome del parente morto e la donna diventa così la moglie del fantasma, abitando però con uno dei parenti viventi del defunto. In questo caso abbiamo un’ulteriore distinzione tra pater e genitor. Dove il marito-fantasma è il pater, e il parente vivo il genitor.
Quindi, definire “matrimonio” l’unione di due persone del sesso opposto non è corretto per tutte le culture e religioni mondiali, così facendo infatti si escluderebbero molte società e tribù, come ad esempio il matrimonio col fantasma o la donna marito presenti in Nuer.
Definizione del matrimonio sulla base del numero di coniugi: monogamia e poligamia – esogamia ed endogamia
Dopo aver visto che il matrimonio non riguarda solo l’unione di due persone di sesso opposto, quindi universalmente non si basa sull’opposizione di genere maschio-femmina, ora scopriremo anche che esso può avvenire tra due o più coniugi, parliamo quindi di monogamia e poligamia e non solo …
La monogamia rappresenta l’unico modello legale di matrimonio negli Stati Uniti e nella maggior parte dei paesi industrializzati. Essa consente di sposarsi con più persone ma non all’interno dello stesso matrimonio, ma solamente quando quello precedente viene annullato, chiamandola monogamia seriale.
In differenti società, con differenti religioni o modus operandi, troviamo il modello opposto alla monogamia seriale, ossia la poligamia, un sistema matrimoniale che permette ad una persona di avere più di un coniuge in contemporanea.
A sua volta questa categoria contiene altre sottocategorie, come: la poliginia, ossia dove un uomo può essere sposato con più di una moglie, questa è la forma di poligamia più diffusa. Il numero delle mogli è variabile. Ad esempio l’islam permette ad un uomo di avere fino a 4 mogli, ma deve avere una condizione economica che gli consenta di mantenerle tutte nello stesso modo.
Oggi, però, alcune autorità musulmane sostengono che l’uguaglianza del trattamento debba essere non solo finanziaria ma anche affettiva ed emotiva. Le autorità per contrastare la poligamia, sostengono che nessun uomo possa provare gli stessi sentimenti nei confronti di ciascuna delle sue mogli. In questa maniera cercano di spingere la comunità ad accettare il matrimonio monogamo.
La poliginia è diffusa nelle comunità musulmane sia in Africa che in Medioriente, ma effettivamente nel tempo sempre più uomini scelgono la monogamia, anche perché la poliginia è molto costosa in quanto il marito deve provvedere al sostentamento di ogni moglie e dei relativi figli. Nel mondo occidentale la poliginia è vietata secondo la Costituzione.
In Africa è legale in 26 Stati, in Asia in 21 Stati, mentre in India, Filippine, Singapore, Malesia e Sri Lanka la consentono solo ai cittadini di fede musulmana. Nonostante sia una pratica attinente con questa religione per vari versi del corano, non tutti i paesi a maggioranza islamica ammettono la poliginia.
la poliandria, invece, è quella pratica che vede la donna essere sposata con più di un marito alla volta. La poliandria è poco diffusa, infatti è consentita solo in alcune regioni del Tibet, Nepal e in alcune tribù indiane. Il matrimonio poliandrico si può presentare in diversi modi:
- la donna può sposare più fratelli;
- la donna può sposare uomini che non siano imparentati fra loro ma che vivono tutti insieme nella medesima abitazione
- la donna può sposare più uomini che non siano imparentati fra loro e abitare soltanto con quello che ha sposato per ultimo.
Pertanto, la poliandria differisce in base alle regioni in cui viene praticata, ma tutte prevedono che una donna possa avere più mariti.
Le diverse tipologie di poliandria
- Adelfica termine attribuito dagli antropologi osservando il tradizionale prototipo antropologico della poliandria presso alcuni gruppi del Tibet e del Nepal. In questo caso un gruppo di fratelli sposa la stessa donna. Durante il matrimonio uno dei fratelli, di solito il più vecchio, assume il ruolo dello sposo. Attraverso le nozze tutti i fratelli, compresi anche quelli che devono ancora nascere dai genitori del marito, risultano sposati. Vivono tutti insieme e tutti i fratelli hanno eguale accesso sessuale alla moglie e si comportano come padri nei confronti dei figli. Se la moglie si rivela sterile i fratelli possono sposare un’altra donna. Nelle società che praticano la poliandria adelfica è permesso il matrimonio con sorelle, ossia la poliginia sororale, dove in questo sistema un gruppo di fratelli può sposare un gruppo di sorelle.
- Associata, questa seconda forma si riferisce al sistema in cui la poliandria è aperta a uomini che non sono necessariamente fratelli. Questo tipo di poliandria lo ritroviamo soprattutto nello Sri Lanka. Fra i cingalesi una donna può sposare due uomini, ma raramente più di due. A differenza della poliandria adelfica che si sviluppa come un’impresa collettiva, la poliandria associata comincia in forma monogamica. Ulteriore differenza sta nel fatto che nella poliandria associata il primo marito rappresenta il marito principale in termini d’autorità. Questo sistema permette inoltre scelte individuali, ad esempio due mariti e la loro moglie possono decidere di includere nel matrimonio un’altra donna, spesso sorella della moglie. Il loro gruppo domestico diventa così sia poliginico che poliandrico formando la poliginandria
- matrimonio secondario, questa è l’ultima forma di poliandria, dove prevede che una donna sposi uno o più mariti secondari rimanendo comunque sposata a tutti i mariti precedenti. Qui la donna vive con un solo marito per volta, ma conserva il diritto di ritornare con uno di quelli precedenti e di avere da lui dei figli legittimi in un secondo momento. Le società che praticano il matrimonio secondario non ammettono il divorzio: il matrimonio durerà per tutta la vita. Il matrimonio secondario non è né una forma di poliandria né una forma di poliginia, ma piuttosto una combinazione delle due risultante dalla sovrapposizione della ricerca maschile di diverse mogli e di quella femminile di diversi mariti.
Ora forse è più chiaro perché il matrimonio non può essere definito in maniera univoca senza prendere in considerazione tutte le forme di celebrazione e di tradizioni che variano da società in società. Provando ad analizzare tutte le culture notiamo come questa istituzione forma delle reti estese di legami, iniziando a concepire il matrimonio come un processo sociale che si dispiega nel tempo.
Infatti, il successo con cui la coppia, la sua prole e gli altri parenti riusciranno o meno a gestire le tante sfide che gli aspetteranno nel tempo, gioca un ruolo importante nella società a cui appartengono. Le vite di tutti i partecipanti a questa unione vengono trasformate, sebbene non tutte nello stesso momento e con lo stesso risultato, delineando a loro volta il futuro della comunità nel suo insieme.
Le relazioni sociali del matrimonio: esogamia ed endogamia
In base al tipo di matrimonio si può cogliere che tipo di legami si creano o si vogliano creare, dalla relazione dei semplici coniugi, alla relazione tra i parenti dei coniugi, dove esso contribuisce ad allargare la sfera di legami parentali al di fuori della cerchia dei consanguinei, o parenti collaterali, dando vita a relazione di parenti acquisiti o affini. Per rendere meglio l’idea poniamo la distinzione tra Esogamia ed Endogamia.
Nella società occidentale la scelta del coniuge è libera ed è legata a fattori personali, mentre in altre società vi sono delle norme che regolano e condizionano la possibilità di matrimonio, vincolandolo a certi contesti: in alcuni casi vige l’esogamia, ossia i partner matrimoniali vanno trovati al di fuori della propria cerchia matrimoniale, ossia parenti, clan, fratrie, lignaggi, in altri casi, invece, vige l’endogamia, meno diffusa, ossia i matrimoni che avvengono all’interno di un particolare gruppo sociale di appartenenza.
Esempi di endogamia li ritroviamo nelle società indiane con la loro suddivisione in caste, ossia gruppi gerarchicamente ordinati e determinate dalla nascita, e sottocaste, sottogruppi determinati dall’occupazione professionale fino anche dai cibi che si possono mangiare. Nelle credenze indu, certi cibi e certe occupazioni sono classificate come “puri” altri invece come contaminati. Tutte le caste (yati) vengono classificate su una base che va dal più puro (es:bramini vegetariani) al meno puro (es:mangiatori impuri di carne). Questo delle caste è un sistema di ceti chiusi, dove il posto di una persona è fissato e non vi è mobilità da una casta all’altra. Per questo le caste sono endogamiche, ossia vi può essere un matrimonio tra due partner solo se essi fanno parte della stessa casta, altrimenti, nel caso di matrimonio misto, i trasgressori vengono processati da un tribunale di casta con la possibilità di essere espulsi. Ad oggi, per via della mobilitazione, queste pratiche si stanno attenuando sempre di più.
Esempi di esogamia invece li ritroviamo in Nuer, dove ci si deve sposare con qualcuno che non appartenga al proprio lignaggio, sia per creare nuove alleanze sia per assicurare il profilo demografico. Altro modello noto esogamico è il tabù dell’incesto, dove in tutte le società l’unione tra parenti stretti è proibito sia come sposi sia come partner sessuali.
Attraverso questi due modelli di matrimonio si creano a loro volta due modelli di relazioni diverse che compongono un processo sociale. Quest’ultimo infine è la base di una comunità/società
Conclusione
Il matrimonio, oggi, si avvicina molto di più alla sfera sentimentale basato sull’affetto, dove capita di osservare coniugi che per sposarsi vanno contro la loro famiglia, la loro comunità e la loro tradizione. Ovviamente tutto ciò non succede ovunque, ma questo ci fa notare come il matrimonio varia non solo tra una cultura a un ‘altra ma può cambiare anche all’interno di una stessa cultura con il passare del tempo.
Il matrimonio ha tante sfaccettature e presenta nel mondo celebrazioni diverse, tutte differenti, in base al proprio credo o alla società di appartenenza. In Africa, dopo la celebrazione matrimoniale, i due sposi festeggiano separati, ognuno con la propria famiglia e i propri amici. Nelle società occidentali, di solito dopo la celebrazione si festeggia tutti insieme, ma gli sposi sono liberi di scegliere. C’è chi perpetua la tradizione per scelta, chi per obbligo, chi invece ricerca l’originalità.
Osservare come questo prototipo di sistema relazionale cambi in base al periodo storico, alla cultura, o alla religione ci permette di capire la difficoltà degli esperti in materia di darne una giusta definizione universale, in quanto con il passare del tempo le società cambiano e con esse cambiano anche le istituzioni al suo interno.
Abbiamo una definizione di matrimonio occidentale, ma per quanto riguarda la definizione dell’insieme di tutti i matrimoni presenti nelle culture, abbiamo già delineato come una definizione troppo rigida rischia di non essere al passo con i tempi.
Edmund Leach nel 1995 cercò di definire il matrimonio, concludendo che nessuna definizione è adatta per descrivere questa istituzione. Kathleen Gough rifiuta invece questa conclusione e definisce il matrimonio come un’istituzione che conferisce pieni diritti alla nascita di un bambino, legittimando cosi ogni tipo di unione. Ma nel corso del tempo vi sono state innovazioni tecnologiche che hanno visto la creazione della madre-surrogata, della fecondazione in vitro, facendo sì che la questione della maternità si frammentasse, portando all’identificazione di diverse tipologie di madri.
Alla fine si può cercare di dare una definizione di questa istituzione prendendo in considerazione l’accessibilità sessuale, la procreazione o l’adozione, nonché le relazioni che vengono sancite da questo, dove famiglia e matrimonio si completano.
Quindi, in sostanza, il matrimonio viene visto dagli antropologi come una trasformazione dello status dei partecipanti che sancisce il grado di accessibilità sessuale, perpetuando i modelli sociali tramite la procreazione o l’adozione di una prole e creando relazioni fra le parentele dei due partner.
Per concludere, nonostante gli antropologi abbiamo cercato di fornirci un range di definizioni, ciò non esclude che esse non siano suscettibili di modifiche nel futuro. Pertanto, la rigidità con cui definiamo il matrimonio deve venire meno per abbracciare la dinamicità delle società.
Fonti
- Antropologia Culturale, Emily A. Schultz e Robert H. Lavenda;
- Le strutture elementari della parentela, Claude Lèvi-Strauss
Letture consigliate
- “Niketche, una storia di poligamia”, Paulina Chiziane;
- “La ventottesima moglie”, Ken Bugul;
- “Storia del matrimonio. Dal Medioevo a oggi”, Daniela Lombardi;
- “Matrimonio combinato”, Chitra Banerjee Divakaruni;
- “Matrimonio a sorpresa”, James Patterson.
Film consigliati
- Monsoon Wedding – Matrimonio indiano, Mira Nair;
- Non sposate le mie figlie, Philippe de Chauveron;
- La sposa bambina, Khadija Al-Salami;
- Tanna, Martin Butler e Bentley Dean;
- “An united Kingdom- l’amore che ha cambiato la storia”, Amma Asanteù;
- “Il banchetto di nozze”, Ang Lee;
- “Il mio grosso grasso matrimonio greco”, Joel Zwick
Autrice: Greta Pigliacampo, studentessa della Facoltà di Antropologia dell’Università di Bologna